giovedì 20 maggio 2010

Tolkien e la filosofia

Pubblichiamo qui di seguito un articolo con cui Verlyn Flieger anticipa il convegno Tolkien e la filosofia, che si terrà sabato 22 maggio a Modena, e al quale la famosa studiosa tolkieniana, autrice del seminale libro Schegge di luce, parteciperà con un intervento dal titolo "La filosofia tolkieniana del tempo e del linguaggio" (Hotel Raffaello, strada Cognento 5, Modena).

Questione di saggezza

Il convegno organizzato dall’Istituto Filosofico di Studi Tomistici e dall’Associazione Romana Studi Tolkieniani il 22 maggio a Modena sarà un’importante occasione per considerare il tema “Tolkien e la filosofia”. Di primo acchito, può sembrare una strana combinazione, poiché non viene naturale associare Tolkien – l’autore della fantasy più popolare dei tempi moderni, l’inventore degli Hobbit, l’uomo che ha scritto di Elfi e Nani e Draghi – con il concetto molto “accademico” di filosofia. Tuttavia, un’analisi più attenta di Tolkien e della filosofia ci mostrerà quanto questi due siano in realtà strettamente legati. Letteralmente, filosofia significa philo sophia, ovvero “amore per la saggezza”. Tuttavia, la “saggezza” non è così facile da definire, poiché comprende un’ampia varietà di riferimenti che includono mitologia, teologia, politica e psicologia. Il tema, quindi, dovrebbe includere lo studio della saggezza di Tolkien su tutti questi livelli e su tutte queste prospettive. Le opere maggiori di Tolkien: la sua “mitologia per l’Inghilterra”, il Silmarillion, e ancora di più il suo romance epico, il Signore degli Anelli, contengono le sue più profonde riflessioni sull’esistenza umana. In essi sono narrate una serie di storie (miti) sul rapporto fra l’umanità e il suo creatore (teologia) attraverso una storia fittizia (politica) che riguarda azioni e reazioni umane (psicologia).

In breve, quei libri sono filosofici nel senso più pratico del termine. Ma poiché Tolkien era un filologo, la loro filosofia si fonda sul linguaggio, poiché senza una conoscenza della storia delle parole e dei cambiamenti dei loro significati nel tempo, non abbiamo modo di fare nulla di ciò: raccontare storie, interrogarsi sull’esistenza di Dio, spiegare la storia umana, o esplorare le interazioni fra gli uomini. I linguaggi inventati di Tolkien furono l’ispirazione dietro ai suoi miti, le fondamenta del suo romanzo più importante, e il veicolo della sua filosofia. Nel saggio “Sulle fiabe”, Tolkien scrisse che «Chiedersi qual sia la genesi dei racconti … significa domandarsi quale sia l’origine del linguaggio e della mente umana» (Albero e foglia, pag. 30), e in una bozza preliminare dello stesso saggio che «la mitologia è linguaggio, e il linguaggio è mitologia». Avrebbe benissimo potuto scrivere lo stesso della filosofia, che è ugualmente legata alle parole che usiamo, attraverso le quali cerchiamo al tempo stesso di descrivere e di comprendere il nostro mondo. Quando leggiamo le storie del legendarium di Tolkien, leggiamo la sua filosofia trasformata in dramma. Le storie di Uomini ed Elfi e Hobbit che si sforzano per mantenere il loro equilibrio nella Terra di Mezzo ci mostrano un mondo così simile a quello in cui viviamo, che possiamo vederne la bellezza e il pericolo, la familiarità e la stranezza, come le immagini fantastiche riflesse del nostro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo quest'intervento molto interessante!
Grazie

Ciao!
BB

ArsT ha detto...

È già passata quasi una settimana, ma ancora non si è spento in noi il fuoco intellettuale che questo evento ci ha acceso dentro. Chi c'è stato, sa di cosa parlo, per gli altri si tratterà di aspettare che riusciamo a mettere un po' in ordine le idee, e a scrivere un resoconto di cosa è successo (speriamo di farlo entro sabato sera, ma non possiamo prometterlo).